
Gli errori insegnano a crescere
Martedì 9 aprile 2013 da < La Gazzetta del Mezzogiorno >
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BIANCA COME IL LATTE, ROSSA COME IL SANGUE – di Giacomo Campiotti. Interpreti: Filippo Scicchitano, Aurora Ruffino, Gaia Weiss, Luca Argentero. Commedia, Italia, 2013. Durata: 1h 42 minuti.
Valle di lacrime fra decadenti effluvi di pop corn, mentre monta straziante la musica dei Modà. Ecco la sala dopo “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, film giovanile fra vita, amore e morte tratto dall’analogo romanzo di Alessandro D’Avenia, ovviamente grande successo. Come dire che il mondo di Internet sarà pure un altro mondo, ma basta mescolare sentimenti antichi per passare come sempre all’incasso. Non avvenne qualcosa del genere oltre quarant’anni fa con “Love story”?
Piccolo eroe è Leo, impunita faccia da schiaffi di liceale romano, innamorato cotto di una rossa virginea idealizzata Beatrice manco fosse un moderno Dante. Fra qualche titubanza e qualche figuraccia, la insegue non conoscendone il triste segreto: lei ha un male incurabile. Questo gli consente di dimostrare un cuore d’oro irruento quanto maturo. Ma gli impedisce di accorgersi di Silvia, sua amica per la pelle e complice, che palpita per lui dal tempo di una gita a Venezia in terza media.
E però, fra tornei scolastici di calcetto, brutti voti e palpitazioni quella che si dipana è la storia di formazione di Leo, il quale impara man mano che sbaglia. Impara a capire che l’esistenza non è solo sacro furore ma anche compito di matematica. Aiutato da un docente filosofo, il quale ne accetta la sfida, insegnandogli a crescere anche a suon di pugni su un ring di boxe. Il tutto con una morale, in fondo, educativa.
C’era forte rischio di melodramma, sventato però dalla fresca ma non banale capacità narrativa del regista Campiotti (“Mai più come prima” sul terrorismo e “Maria di Nazareth” in tv). Con l’apporto determinante del sempre bravo Filippo Scicchitano, il simpatico bulletto di “Scialla”, un Totti del grande schermo: sfrontato ma in fondo animo genuino. Il “prof.” Luca Argentero sembra Robin Williams in “L’attimo fuggente”. E tutto lo scenario scolastico ha di nuovo, rispetto al passato, solo meno timor di Dio e più jeans. Conclusione, film meglio del temuto genere.
Magari si poteva evitare di mostrare il dolore delle stanze d’ospedale. Ma si sa, come si dice: tutto fa brodo nell’eccesso dei tempi.
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