
Quella pakistana premio Nobel che ci fa capire le due Italie
Venerdì 17 ottobre 2014 da ’ La Gazzetta del Mezzogiorno ’
Lascia un Commento Inserito da Lino Patruno
Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo. Questa la frase simbolo che ha conquistato a Malala il premio Nobel per la pace. Lo ricordiamo: è la 16enne pakistana ferita a colpi di pistola per non farla andare a scuola, anzi per evitare che tutte le ragazze come lei ci vadano in un territorio dominato dall’estremismo islamico dei talebani. Rischiò di perdere vista e parola, ora vive protetta a Birmingham, Gran Bretagna, dove fu portata per salvarle la vita.
Ovvio che la sua battaglia riguardi tutti i Sud del mondo. E altrettanto ovvio che l’analfabetismo sia il primo passo del sottosviluppo. Malala non aveva solo colpa di imparare qualcosa in quanto donna. Ma rischiava di diffondere il germe della cultura come prima forma di libertà e di rivolta a condizioni non solo economiche inaccettabili.
Magari c’entra poco col mondo occidentale, se non per le responsabilità di questo mondo in troppi Terzi Mondi. E qualsiasi parallelo può sembrare posticcio e strumentale. Ma qualcosa deve significare pure per noi così evoluti doverci portare lo scottex a scuola perché la scuola non ha i soldi per comprarlo. E non solo scottex. E’ come andare in ospedale e doversi portare il letto. L’istruzione diritto e dovere fondamentale affidata alla buona volontà per il suo funzionamento. Come se la Big Society, quella in cui i cittadini dovrebbero supplire a ciò che lo Stato non ce la fa a dare, dovesse partire dai banchi e dai bagni.
Sciacquone a parte, è una scuola così a pezzi a spiegare come si possa costruire un Sud anche in uno fra i dieci Paesi più ricchi al mondo come l’Italia. Conosciamo la triste storia degli asili pubblici dal Garigliano in giù. Con lo Stato che ne dà meno a chi ne ha sempre avuti meno, e non ne dà affatto a chi non li ha mai avuti: come al Sud. Perché invece di supplire al malfatto, decide di confermare la spesa in più dove c’è stata e la spesa in meno dove non c’è stata. Giustizia redistributiva.
Risultato: al Centro Nord ha l’asilo pubblico il 16,3 per cento dei bambini, al Sud il 4,6 per cento. E se qualche posto (come Catanzaro o molti paesi del Napoletano) non ne hanno mai avuto uno, continueranno non averlo. Vadano a pagare quelli privati, se ci tengono a mandarci i loro bambini figli di un dio minore. Pagare proprio dove c’è meno possibilità, pagare per far aumentare il proprio divario. Ecco perché i bambini del Sud piangono di più quando nascono: capiscono sùbito.
Ma non solo asili (col solito assordante silenzio dei politici locali e no). Perché questa falsa partenza costringerà i ragazzi del Sud a rincorrere sempre. Poi l’Italia si scandalizza quando in qualche classifica nazionale di merito arrivano indietro, non meno di quanto si scandalizzi quando nonostante tutto arrivano avanti: non è possibile.
E’ nella matematica il distacco maggiore fra Nord e Sud, dopo che per decenni si è diffusa l’idea che contasse avere più una cultura letteraria che scientifica. Classico o magistrale. E dopo che i futuri docenti del Sud si sono appunto laureati soprattutto in lettere perché l’unico sbocco possibile per loro era l’insegnamento, e a lettere ci sono più posti. Matematica così spesso declassata con docenti precari o con altre lauree. E che si vendica nel tempo del computer.
Ma non è finita. C’è la dispersione scolastica. Non un abisso fra i due Paesi in un Paese tutto inabissato. Ma quanto basta a confermarsi quel Sud nato Sud con gli asili. La percentuale di abbandoni nella scuola dell’obbligo al Sud è del 21,1 per cento, contro il 15,8 per cento del Centro Nord (che non è poco). Più di uno su cinque se ne va. Un po’ per le peggiori condizioni economiche che non consentono di continuare o inducono a lasciare per cercare di lavorare (magari al bar). Un po’ la difficoltà di continuare per le famose carenze che partono da lontano. E cui le famiglie non sono in grado di rimediare perché non possono seguire i ragazzi essendo spesso inseguite dal bisogno. E perché non possono pagare lezioni private. L’abbandono è spesso la condanna a lavori meno prestigiosi o lucrosi. O alla malavita. Il circolo doloroso del Sud.
Fine corsa, università. Laureati al Sud 17,7 per cento, al Centro Nord 23,8. Dramma nazionale, la più bassa percentuale complessiva (21,7) d’Europa. E si vede. Nel Paese della cultura che maltratta i suoi beni culturali. Nel Paese che senza sapere come, ha disperso i suoi saperi. Nel Paese del declino economico figlio anche del declino culturale, visto che ovunque si è tanto più sviluppati quanto più colti, e tanto più colti quanto più sviluppati. Col Sud in coda anche in questo, Sud partito con gli asili al piede e senza che una giustizia vi abbia messo piede. Immeritato in un Paese di figli e figliastri. Meritato tanto quanto senza ribellione. Il futuro è di chi agisce e reagisce: appunto (alla Malala).
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