Venerdì 8 gennaio 2021 da < La Gazzetta del Mezzogiorno>
Il divario fra Nord e Sud non
verrà colmato neanche nel 2069. Questo lo scandalo contro il quale il Sud deve
reagire. Quarantotto anni. Sono gli stessi passati da quando, nel 1972, il
professor Pasquale Saraceno, valtellinese amico del Sud e tra i fondatori della
Svimez, previde che il divario sarebbe stato annullato solo nel 2020. Fino al
31 dicembre scorso nulla è avvenuto. E come allora si abolì la Cassa per il
Mezzogiorno e ogni tipo di intervento per il Sud, così ora si vorrebbe ridurre
la percentuale del Recovery Plan da assegnare al Sud, violando le indicazioni
dell’Europa che non ammette più divari. Eppure un piano di opere da realizzare
al Sud c’è: un piano col quale il Sud offre anche al resto d’Italia la
possibilità di crescere di più. Altri 48 anni passerebbero inutilmente se
venisse ignorato.
Piccolo del Sud che nasci ora: finché avrai 48
anni, dovrai vivere in un posto in cui l’ingiustizia di uno Stato ti darà una
qualità della vita peggiore rispetto a quella di chi nasce al Nord. Avrai meno
asili nido, meno scuole, meno possibilità di viaggiare, meno possibilità di
curarti se non starai bene, meno lavoro. E come hanno fatto altri prima di te,
probabilmente sarai costretto a emigrare, a non dare il tuo talento, le tue
energie, il tuo futuro alla tua terra. Non è un cattivo augurio. E’ quanto è
successo a chi nel 1972 aveva i tuoi anni. E’ quanto potrebbe succedere anche a
te se per il Sud non faranno nulla come avvenuto da quando la previsione del
professor Saraceno fu pubblicata dal <Corriere della Sera> (13 settembre
1972).
Ma il professore ipotizzava il 2020 senza
sapere che al Sud sarebbero cessati gli investimenti pubblici che fino ad
allora lo avevano fatto crescere come mai. Crescere contribuendo al boom
economico del Paese. Facendo vincere all’Italia l’Oscar per la stabilità della
lira. Dimostrazione che il Sud cresce, e a volte più del Nord, se man mano si
eliminano le cause del suo ritardo. E si ferma quando tutto viene azzerato come
avvenuto dal 1984 in poi. Quando la questione meridionale, cioè
l’insopportabile dualismo a danno di più poveri, fu sostituita dalla questione
settentrionale, cioè l’insopportabile privilegio dei più ricchi.
E se allora fu l’abolizione della Cassa per il
Mezzogiorno, che tanti meriti ebbe finché non le misero le mani addosso le
regioni, ora è il Recovery Plan. Che si vorrebbe riservare al Sud in una
percentuale del 34 per cento, pari cioè solo alla popolazione. E ignorando gli
altri due parametri che l’Europa impone di considerare: il minor reddito e la
maggiore disoccupazione. Ciò che dovrebbe ribaltare la proporzione, con quasi
il 70 per cento al Sud e il resto al Centro Nord. Perché se non ci fosse stato
il Sud, mai con 209 miliardi l’Europa avrebbe assegnato all’Italia la più alta
quota di finanziamento anti-virus fra i Paesi membri.
Se restasse il 34 per cento, i prossimi 48
anni passerebbero inutilmente (anzi dannosamente) come quelli dal 1972
all’appena concluso 2020. Perché non si farebbe tutto ciò che continua a
conservare il divario più ampio fra tutti i Paesi occidentali. E’ stato il
Movimento per l’equità territoriale, nato dalla società civile, ad elaborare un
piano di tutto ciò che va fatto al Sud non solo per non perdere altri 48 anni.
Ma per rimediare a una situazione che danneggia tutto il Paese, colpevole di
avere un secondo motore di crescita e di tenerlo spento. Piano sull’impiego del
70 per cento consegnato al governo e ai parlamentari. Perché nessuno possa dire
di non sapere e di non avere progetti pronti.
Anzitutto calcolare i Lep, livelli essenziali
di prestazioni, senza i quali i servizi pubblici al Sud rimarrebbero come ora
tutti sotto il minimo costituzionale. E con i Lep, le infrastrutture. Il
corridoio di alta velocità ferroviaria che dalla Scandinavia porti al
Mediterraneo attraverso il ponte sullo Stretto di Messina. E l’alta velocità
sulla linea adriatica. E il collegamento autostradale fra Ovest ed Est che non
lasci isolato il Molise e tutto l’Appennino, mancando ancòra un treno diretto
fra Napoli e Bari. E la statale jonica. E le ferrovie dello Stato a Matera. E
il collegamento fra Taranto e il Tirreno che passi per Potenza.
Ma il piano prevede anche un Sud tutto
collegato con la banda larga via d’accesso al futuro. E stop al carbone a
cominciare dall’Ilva di Taranto. E il tempo pieno in tutte le scuole
meridionali. E un sistema sanitario che non ci voleva il Covid a indicare come
fra i primi problemi. Il risultato sarebbe un Sud che non solo non toglierebbe
nulla a nessuno. Ma aggiungerebbe a tutto un Paese che continuando come ora
sarebbe sempre l’ultimo per crescita. L’ultimo nella stessa Europa che gli ha
detto come evitarlo, come non continuare così. L’alternativa sarebbe arrivare
al 2069 e trovare il deserto ma allora trovarlo non solo
al Sud.