Venerdì 29 gennaio 2021 da < La Gazzetta del Mezzogiorno>
Le
Regioni del Sud tutte insieme alla <battaglia del Recovery>. Una
rivoluzione. Una santa alleanza mai avuta finora. Un inizio di Macroregione
meridionale capace finalmente di farsi valere. Per accendere al Sud un secondo
motore di sviluppo voluto dall’Europa come condizione perché ce li dia davvero
quei soldi ora molto a rischio. Perché se corre Napoli, corre Milano, non il
contrario. Perché l’enorme vantaggio di posizione del Sud nel Mediterraneo
tornato centro del mondo non vada sprecato come fa ora l’Italia. Perché
l’Europa chiede dalla Puglia alla Campania alla Sicilia una forza sufficiente a
nome di tutto il continente anche nel rapporto con l’Africa emergente e contro
la sempre più invadente presenza cinese. Il futuro europeo vuol passare da Bari
a Palermo ma l’Italia fa finta di niente.
Non era mai successo che alla Conferenza
Stato-Regioni il Sud si presentasse compatto. Come fa il Nord, con l’emiliano
Bonaccini dalla faccia di centrosinistra e il cuore leghista, e con la
Lombardia che si ricandida sfiatata locomotiva. Un coordinamento meridionale al
di là delle sigle politiche. Perché chi rappresenta il Sud sia anzitutto
meridionale e poi Pd, M5S o di destra. E faccia gli interessi del Sud prima di
quello dei propri partiti ampiamente nordisti. Unico popolo, unico territorio.
Non solo per pretendere quella percentuale del 70 per cento dei fondi che
Bruxelles ha stabilito altrimenti non avrebbe mosso un dito nonostante la
pandemia. Ma anche per rassicurare sul loro migliore utilizzo. Per spiegare che
il pregiudizio sulla incapacità di spendere finora non ha tenuto conto che per
ogni progetto ci vuole una compartecipazione che lo Stato non dà. Non ha tenuto
conto dei tempi delle opere pubbliche in questo Paese. E non ha tenuto conto
che i governi non aggiungono quei fondi europei come dovrebbero a quelli
nazionali. Ma li sostituiscono rendendoli inerti per lo sviluppo. E dandone la
colpa al solito Sud, come?, con tutti quei soldi.
Il Mediterraneo non è più mare di solo
passaggio ma mare di commerci e investimenti fra le due sponde. E che fa l’Italia
nella sua bozza di piano? Privilegia i porti di Genova e Trieste che sono tre
giorni lontani. Alla faccia dei tanti ministri e della loro sbandierata
definizione del Sud come <piattaforma logistica nel Mediterraneo>. E alla
faccia della stessa Europa che vuole il collegamento veloce fra Scandinavia e
Mediterraneo, appunto, per arrivare fino a Suez e ad Hong Kong. E lo vuole
attraverso l’alta velocità ferroviaria a Est e a Ovest, i porti del Sud e il
ponte sulla Stretto di Messina, non Genova e Trieste che taglierebbero fuori il
resto d’Italia e la Scandinavia dall’Europa del Sud. Così addio Taranto,
Napoli, Salerno, Gioia Tauro, Augusta. Con Tangeri in Marocco che punta a
prendersi tutto. E Sud così solo molo di attracco per la barchetta, altro che piattaforma.
E Sud ancora una volta indirizzato a un destino economico di sole, mare e
cicorielle dell’agricoltura.
E invece occorre il <livellamento del campo
da gioco> del quale parla la Svimez per una ripartenza davvero alla pari.
Quella che eviti al Sud la condanna alla desertificazione, all’Italia la
condanna alla decrescita infelice, all’Europa la condanna alla perdita del
Mediterraneo. Lo scenario è tanto affascinante quanto a portata di mano.
L’istituzione delle quattro Zes (Zone economiche speciali) nei porti di Napoli,
Bari, Taranto e Gioia Tauro, insieme alle due siciliane: parte di qui il grande
possibile futuro mediterraneo su cui punta l’Europa. Un quadrilatero, sei
sistemi portuali che, interconnessi e sincronizzati, possono attivare lo sviluppo
della vasta area del Mezzogiorno che coinvolge 21milioni di persone. Per
dialogare, attrarre, stimolare. E, iniziando dai porti, connettere interporti,
aeroporti, ferrovie, reti stradali, università, centri di ricerca, produzioni,
iniziative. Con le aree interne sottratte appunto al deserto e coinvolte, a
cominciare da Irpinia, Sannio, Murge sulla nuova linea Napoli-Bari. E la
Calabria dei borghi sulla linea fra Salerno e Reggio. Con la diagonale che da
Brindisi e Taranto verso Potenza rompa l’isolamento della Basilicata sulla scia
anche del piccolo rinascimento di Matera capitale europea della cultura. Con
Tirreno e Adriatico non più lontani e l’avvicinamento tra i poli metropolitani
di Campania e Puglia. E l’Adriatico con gli stessi treni del Tirreno.
Una ricucitura che ricuce l’Italia e l’Europa.
Una ricucitura per un Sud disegnato dai prefetti sabaudi dell’Unità in modo che
fosse disunito. Una ricucitura che diventi anche ricucitura del pensiero.
Questo provano ora a fare le Regioni del Sud. Vai per il Sud, e ti rendi conto
che è tutt’altro che un deserto industriale e tecnologico. Che può essere la
principale calamita per gli investimenti internazionali. L’Europa lo sa e lo
vuole. L’Italia fa le crisi di governo.