Venerdì 30 ottobre 2020 da < La Gazzetta del Mezzogiorno>
La curva della paura. E i
titoli: <Virus fuori controllo>. Puglia, <Ottobre il mese più
nero>. E ancòra: <In un solo giorno anche 13 morti, situazione più grave
di aprile>. E ancòra: <Niente più ricoveri negli ospedali tranne i casi
urgenti>. Basilicata, <Ricoveri più 136 per cento>. E ancòra: <Stop
alle scuole pugliesi>. Con la differenza rispetto alla primavera che non
stiamo tutti a casa. Con la differenza che andiamo al lavoro se non si può
farlo a distanza. Con la differenza che se la prima ondata aveva spazzato
anzitutto il Nord, ora l’incubo riguarda anche il Sud. Con la differenza che è
ancòra più dubbio che si possa salvare tutti. Con la differenza che, benché non
si riesca ad arginare l’epidemia, non c’è stato nessun blocco totale. Con la
differenza che molti dei divieti di allora sono ora raccomandazioni. Con la
differenza che le chiusure sono state decise per un mese. Con la differenza che
molti continuano a non capire e il Paese è più scettico di allora. Con la
differenza che conosciamo le conseguenze, eppure sembriamo non volere fare
altro che protestare. Col pericolo che a prendere la scena sia chi sfascia le
vetrine.
Va tutto per il peggio e non abbiamo
alternative se vogliamo sperare di salvare vite. E, chissà, il richiamo del
Natale. Sperare. Barricati ora per evitare il dopo. E mentre gli esperti
litigano perché non sanno neanche loro cosa fare, tranne magari conquistarsi un
posto in tv, noi lo sappiamo ma non sempre lo facciamo. Mascherina e
distanziamento, punto. Che non significa misurare il metro fra di noi. Ma
significa ridurre all’indispensabile i rapporti sociali. Ridurre le occasioni
in cui si è in tanti. Sapendo che questo è per ora l’unico vaccino. E che se
non funzionerà andremo a sbattere, saremo come un Tir che va dritto contro un
muro. Ricordando i camion di Bergamo che di notte si portavano i morti che non
si sapeva dove mettere.
Non è terrorismo, è corda al collo. E’
autodifesa di civiltà per noi e per gli altri. Sapendo che la curva è
esponenziale, corre a velocità crescente. Sapendo che lo stesso ministero della
Sanità ritiene che quanto deciso non basterà. Sapendo anche che la Francia va verso la paralisi
totale. Possibile pure in Spagna e Belgio. Che la Gran Bretagna è in parziale
coprifuoco. E che anche in alcune regioni italiane le misure sono più severe che
nel resto del Paese. Vano anche riempire adesso i talk show televisivi, i
programmi stucchevoli a ogni ora e su ogni canale, con le accuse al governo. Su
ciò che si doveva fare e non si è fatto pur sapendo che il virus sarebbe
tornato. Come pure sull’estate da leoni che abbiamo passato. Impreparati in un
Paese passato dall’inno nazionale sui balconi, alle campagne elettorali in sei
regioni, alle categorie una contro l’altra invelenite.
Si chiudono cinema e teatri e perché no le
chiese? (genialata di Veltroni). Si chiudono ristoranti e palestre e perché no
gli stadi? Sapendo bene che ogni chiusura (e con quanto è costato adeguarsi
dopo la prima) si porta dietro l’incubo di non poter più riaprire. Si porta
dietro perdite di lavoro e rischio di miseria. Si porta dietro rabbia che
finisce in piazza, benché il governo abbia stabilito risarcimenti tanto vasti
quanto giusti. Ma sapendo anche che sarà un debito che il virus farà pagare ai
nostri figli.
Solo la cultura può darci un futuro. I
palcoscenici ci aiutano a non finire in un buco nero. Ma il sacrificio
richiesto non dovrebbe essere considerato un atto sacrilego. E cultura non è a
ogni costo, e vuol dire anche impegno al bene comune. Forse solo una fondazione
pubblica come il Petruzzelli di Bari può continuare ad offrire spettacoli
gratuiti in streaming. Lo fa anche l’Orchestra della Magna Grecia di Taranto
coi suoi concerti. Più difficile per la prosa e complicato per il cinema dove
non c’è abitudine di spettacoli pomeridiani. Né sembra concepibile in Italia
l’illuminismo di uno Stato che invece di contributi a fondo perduto avesse
finanziato spettacoli in sale vuote ma con collegamento da parte di chi avesse
voluto. E la Rai, non è roba sua? E quanto a ristoranti e pizzerie, fino alle
18 (e con asporto dopo) ci si potrebbe organizzare in offerte speciali che
spostino in avanti le serate messe al bando. Davvero nulla si può?
Ora che anche il Sud è nella bufera, inerte
denunciare come ancòra una volta la sua sanità si ritrovi
con mezzi e uomini platealmente penalizzati dalla politica delle <due
Italie>. Nei Quartieri Spagnoli di Napoli una maestra ha fatto lezione ai
ragazzi in strada sulle panchine. Un altro ha letto Rodari ai ragazzi che erano
sui balconi. E una l’ha fatto dai tetti. Napoli dove si calava il cestino con
la spesa fatta e la scritta <chi può metta, chi non può prenda>.
Rigidamente tutti in mascherina. Resistenza, vecchia capacità del Sud.